I Principi Tomasi di Lampedusa



Origini: studi e leggende

Le prime notizie storiche sui Tomasi risalgono al VII secolo, mentre, per quanto concerne i secoli precedenti, sono state prospettate ipotesi diverse. Secondo la tradizione sarebbe originaria di Bisanzio (330 d.C.). Alcuni studiosi (Sansovino, Villabianca, Palizzolo Gravina) sostengono che la famiglia de' Leopardi da Roma si trasferì a Costantinopoli al seguito dell'imperatore Costantino I. Filadelfo Mugnos affermò che la famiglia discendeva da Leopardo, figlio di Crispo, primogenito dell'imperatore Costantino. Archibald Colquhoun ritiene che il capostipite dei Tomasi (famiglia) sia stato Thomaso il Leopardo, figlio dell'imperatore Tito e della regina Berenice. Andrea Vitello, autore che ha approfondito gli studi sulla famiglia, fa discendere i Tomasi da Irene, figlia dell'imperatore bizantino Tiberio I, che sposò Thomaso detto il Leopardo, principe dell'Impero e comandante della guardia imperiale. Sino a tutto il XIX secolo, come segnala Vincenzo Buonassisi, era condivisa l'opinione che individuava in due fratelli gemelli, Artemio e Giustino, gli artefici del ritorno in Italia dei Leopardi-Tomasi; nel secolo successivo la discendenza dai due gemelli, approdati ad Ancona e provenienti da Bisanzio, è stata confermata da Andrea Vitello, studioso della genealogia della famiglia Tomasi di Lampedusa, e ribadita da quanti, dopo la pubblicazione degli scritti di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, si sono interessati alla sua ascendenza. Temendo per la loro vita a causa delle lotte al vertice dell'Impero, lasciarono Costantinopoli dopo la morte dell'imperatore Eracleo, tra il 640 e il 646, stabilendosi ad Ancona. Dal ramo rimasto nelle Marche discenderebbero i Leopardi nei rami di Recanati, come pure sosteneva Monaldo padre di Giacomo Leopardi, e di Amatrice, da cui discende la schiatta, poi estinta, di Pier Silvestro Leopardi.

Titoli nobiliari

In Sicilia non vigeva la legge salica ed i titoli nobiliari si trasmettevano anche in linea femminile. In forza delle norme dettate nel Liber Augustalis (III, 27 “de la successione de li nobili in li feudi") e nei capitula "de successione feudalium", "de alienatione feudorum","de successione feudorum"[8] e della prammatica 14 novembre 1788 i titoli venivano trasmessi al collaterale maschio vivente più prossimo e più anziano e, in mancanza di maschi, alla femmina più prossima privilegiando le nubili. Il primo titolo nobiliare dei Tomasi di Sicilia, la baronia di Montechiaro, fu acquisito per via materna come, in epoche successive, anche le baronie di Franconeri e della Torretta. Il casato dei Tomasi di Lampedusa, ramo staccatosi dai Tomasi di Capua, trasferitosi da Siena nel Regno di Napoli al seguito di Alfonso V d'Aragona[9] è stato immortalato nel romanzo Il Gattopardo scritto dal principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il capostipite dei Tomasi siciliani, Mario (n. 1558), capitano d'armi, si trasferì dalla Campania in Sicilia, a Licata[12], dove sposò Francesca Caro baronessa di Montechiaro. Mario Tomasi e Francesca Caro ebbero due gemelli, Ferdinando e Mario, governatore del Castello di Licata e capitano dell'Inquisizione. Ferdinando (1597-1615), barone di Montechiaro[13], appena sedicenne sposò Isabella La Restia; i coniugi ebbero due gemelli, Carlo e Giulio, rimasti orfani del padre a nove mesi; quando i gemelli avevano diciassette anni morì anche la madre e lo zio Mario li chiamò presso di sé a Licata dove restarono circa sei anni. Carlo venne nominato duca di Palma nel 1639 (il duca fu l'artefice della fondazione del paese oggi denominato Palma di Montechiaro) ma cedette baronia e ducato al fratello e prese gli ordini diventando uno dei chierici regolari teatini studioso di teologia. Scrisse numerose opere in latino e italiano, cinquantuno delle quali pubblicate[14]. Dopo la sua morte, essendogli stati attribuiti diversi miracoli, venne avviato un processo di beatificazione e fu proclamato Servo di Dio[15]. La famiglia annovera anche tre cardinali nel periodo bizantino (Fabio, durante il papato di Gregorio III, Vibiano durante quello di Alessandro II e Pietro durante il Patriarcato di Gerusalemme di Sergio III).
Duca Santo

Principi di Lampedusa, duchi di Palma, baroni di Montechiaro e Falconeri

Ferdinando I morì a soli ventun anni, l'anno successivo alla nascita del figlio Giulio II (1671-1698), nato dal matrimonio con Melchiorra Naselli e Carrillo. Anche Giulio II, morì giovane, a ventisette anni; dalla moglie Anna Maria Fiorito e Tagliavia, ebbe due figli maschi Antonino morto in tenera età e Ferdinando II, che visse quasi ottant'anni, sposò Rosalia Valguarnera e Branciforte e, rimasto vedovo, Giovanna Valguarnera e La Grua. Giulio II restò sino all'età di sette anni nel monastero che ospitava la nonna Rosalia (suor Seppellita) e le zie; compiuti i sette anni assunse l'onere della sua educazione il nonno materno Luigi, principe d'Aragona. Nonostante sia morto giovane riuscì a fondare l'Istituto delle Scuole Pie, affidato ai Padri Scolopi. Fu allievo dell'Istituto, la cui sede è oggi occupata dal comune di Palermo. Ferdinando II (1697-1775) ebbe dieci figli, otto maschi e due femmine, Maria (1718-1795) suor Maria Crocifissa monaca del monastero di Palma e Anna Maria (m. 1751) che sposò Antonio Lucchesi Palli, principe di Campofranco. I figli maschi fatta eccezione per il primogenito Giuseppe II (1717-1792) e per Gaetano morto in tenerissima età, si diedero alla carriera ecclesiastica o a quella militare: Giulio (m. 1787) Abate di Santa Maria di Roccamadore e Prelato domestico di Clemente XIV, Salvatore (m. 1783) prete dell'Olivella, Carlo (n. 1734) gentiluomo di camera del duca di Savoia e capitano dell'esercito sardo, Gioacchino (1739-1792) esente guardie del corpo, Elia (1740-1790) capitano di artiglieria, Pietro (n. 1752) cavaliere di Malta. Ferdinando II potenziò il patrimonio della famiglia e la istituzione dell'Accademia dei Pescatori Oretei con finalità letterarie, il terzo seminario dei Nobili retto dai padri Scolopi, e l'assunzione di rilevanti ruoli politici. Fu nominato da Carlo VI grande di Spagna, fu presidente dell'arciconfraternita della Redenzione dei Cattivi, capitano di Giustizia di Palermo, pretore di Palermo, deputato del Regno, Vicario generale del Regno, maestro razionale di cappa corta del Regio Patrimonio. Giuseppe II (1717-1792) sposò Antonia Roano e Pollastra dalla quale ebbe tre figli Francesco morto in tenera età, Rosalia, moglie di Gioacchino Burgio del Vio, Duca di Villafiorita e Giulio III (1743-1812). Giuseppe II, cavaliere di Malta, fu governatore della Compagnia della Pace, ambasciatore del Senato di Palermo presso Carlo III, governatore del Monte di Pietà, capitano di Giustizia di Palermo, deputato del Regno, presidente dell'Arciconfraternita per la Redenzione dei Cattivi, Intendente Generale degli eserciti. Il figlio Giulio III sposò Maria Caterina Romano Colonna figlia del duca di Reitano, con la quale ebbe tre figli Baldassarre cavaliere di Malta, Antonia moglie di Francesco Arduino Ruffo marchese di Roccalumera e Giuseppe III (1767-1833). Giulio III fu governatore della Pace, senatore di Palermo, rettore dell'Ospedale Grande, deputato del Regno, pretore di Palermo, governatore del Monte di Pietà, cavaliere di San Giacomo. Giuseppe III si sposò due volte. La prima moglie, Angela Filangeri e la Farina figlia del principe di Cutò morì di parto insieme al nascituro; dalla seconda moglie Carolina Wochingher ebbe due femmine Caterina che sposò Giuseppe Valguarnera e Ruffo, principe di Niscemi e duca dell'Arenella e Antonia che sposò Francesco Caravita principe di Sirignano. L'unico maschio, Giulio IV, è il protagonista del romanzo Il Gattopardo. Giuseppe III dovette affrontare una situazione disastrosa sotto il profilo economico. La moglie Carolina, rimasta vedova, fu costretta ad affrontare numerose vertenze giudiziarie e a varare un progetto di contenimento delle spese.

Commenti

Post più popolari